CONCEPT: SENZA TEMPO
“Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume, è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre, è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco”
Jorge Luis Borges
“Tutta questa storia per un po’ di giochi di parole, per un po’ d’anacronismi: una miseria. Non si troverà mai via d’uscita?”
Raymond Queneau

C’è il tempo della fisica, quella per cui un oggetto si muove dal punto A al punto B, o quello di un fascio di luce che si imprime su un negativo, per rappresentare una presunta “realtà”. C’è il tempo della relatività, che dipende dall’osservatore. C’è il tempo della logica, del “causa ed effetto” e quello storico, che indaga il progresso umano. È questo un tempo che si svolge come un rotolo: ha un inizio, avrà una fine.
C’è poi il tempo della vita, che per Henri Bergson è un gomitolo, una valanga. Ogni istante contiene integralmente l’intero passato e ha in sé i germi del futuro, e questo tempo non si calcola in minuti e neppure in anni. È un tempo interiore, intuitivo, non solo memoria, ma specialmente inconscio. Ed è in questo tempo – che nessun orologio può misurare – che avviene l’intuizione, l’atto creativo.
Avviene forse in un sogno, o in un doppio sogno, come quello che nei Les Fleurs bleues di Queneau lega l’eroe antistorico Duca D’Auge e l’indolente Cidrolin, adagiato a non far nulla dentro una chiatta sulla Senna. Ognuno addormentandosi sogna l’altro. Ma se Cidrolin sognando il Duca si sveglia qualche ora dopo, in un eterno presente, quando il Duca sogna Cidrolin ogni volta si ridesta 175 anni dopo: dal Medioevo passa al Rinascimento, alla Rivoluzione francese, fino a loro assurdo incontro nel 1964. Qual è il senso della Storia, del tempo che passa? A quale fine imperscrutabile mira? Al loro incontro i due sognatori trovano la via d’uscita. Dalla loro storia, ma anche dalla Storia universale, alla ricerca di un’impossibile utopia di libertà.
L’immagine contemporanea ha perso oggi il suo ruolo di rappresentazione del reale, non ha un prima né un dopo. È una rappresentazione teatrale in cui è persa l’unità di tempo, di luogo e di azione. Eppure non smette di fornirci il suo senso, perché, come diceva Bergson: «La vita è sempre creazione, imprevedibilità e nello stesso conservazione integrale ed automatica dell’intero passato».
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